COACHING
TEATRO, CINEMA, TELEVISIONE, MODA, ARTI PERFORMATIVE…

Lavora in Europa da dieci anni per la diffusione di un metodo che vive sul solco diretto della tradizione stanislavskijana. Furono due italiani, più di un secolo fa ad ispirare le prime ricerche del Maestro Stanislavskij: Tommaso Salvini ed Eleonora Duse. Da allora il metodo ha avuto una diffusione capillare in tutto il mondo, in un flusso e riflusso continuo tra Europa e America in cui spesso artisti italiani, ebrei e russi, hanno avuto una rilevanza assoluta nel continuo rinnovamento del sistema originario. Negli Stati Uniti i pionieri furono Stella Adler, Harold Clurman e Lee Strasberg del Group Theatre, i cui differenti approcci pedagogici confluiscono nell'insegnamento di una delle più grandi coach americane viventi: Susan Batson. Paolo Antonio ha cominciato a studiare con Susan all'età di quindici anni e da allora, nell'arco di 25 anni, ha elaborato una propria visione del metodo che non prescinde dalla grande tradizione italiana del dopoguerra di cui fu protagonista il Maestro Orazio Costa, interpreti quali Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté, Anna Magnani e registi come Luchino Visconti. Il risultato è un sistema che si fonda sull'approccio estremamente tecnico e scientifico della scuola americana, ma ripulito delle componenti culturali tipiche statunitensi. Eliminando il lavoro sul personale dell'attore e ricollegandosi al più tecnico lavoro sulle "azioni fisiche", che caratterizzò la fase finale della ricerca di Stanislavskij (e di altri sui derivati europei come Grotowski), Simioni ritiene quindi di poter proporre il sistema più adatto all'attore europeo, nel giusto equilibrio tra scuola russa e scuola americana. Un metodo adatto a ogni tipo di esigenza: teatro classico o sperimentale, cinema o televisione.
L’arte del coaching consiste nella preparazione mentale, emotiva e tecnica dei performer. A partire dal lavoro sull’attore si estende ad ogni forma espressiva che coinvolga il corpo come strumento: attori, cantanti, danzatori, modelli, presentatori televisivi… La preparazione del performer in ogni forma d’arte è la medesima e si sviluppa su tre livelli.
- Prima dell’atto performativo ha bisogno di un motivational coach, che gli dia confidenza con lo strumento attraverso una serie di tecniche di rilassamento e di step sulla propria personalità che gli permettono di riconnettersi ciclicamente alla scelta del proprio lavoro, consapevole delle proprie potenzialità (grazie al superamento dei blocchi residui del corpo/strumento), e certo di cosa desidera esprimere di sé, intimamente e nella persona pubblica. Da ciò nasce la capacità di conquistare il palcoscenico.
- Nell’approccio al vero e proprio materiale performativo (sceneggiature, coreografie, testi di canzoni, scalette televisive, servizi fotografici) è necessario che sappia capire e analizzare le richieste che gli vengono rivolte e, di conseguenza, necessita di un connecting coach che lo aiuti a capire quale sia per lui il senso “qui e ora” di quella esperienza artistica, dandogli la possibilità di connettere la propria emotività al contenuto della performance. L’artista ha bisogno di vivere uno stato di commozione per l’opera che affronta e per questo deve capire che senso ha nella sua esperienza umana.
- Quindi si giunge alla vera e propria performance in cui l’acting coach, sostiene l’artista su due fronti: tramite la liberazione delle energie necessarie alla realizzazione di una performance potente e capace di esprimere tutto il contenuto dell’opera e tramite l’incanalamento di queste energie in una struttura precisamente tecnica, che, nella sua forma classica, si ripete identica in ogni arte (preliminari, punto di conflitto, climax, esposizione del bisogno, chiusa). Le energie di base da individuare sono tre, perché la performance sia tridimensionale (quindi di massima qualità).
Il coach è una figura necessaria, ma ancora assente nel panorama artistico italiano. Non appena se ne farà uso, sarà evidente il salto di qualità nel lavoro sui set e si capirà uno dei segreti dei migliori artisti americani.
ACTINGCOACH
IL PERCORSO:
1DALL’INTIMITÀ ALLA PERSONA PUBBLICA: L’ARTE DI COSTRUIRE UN PERSONAGGIO
2CICLI PSICOLOGICI DEL PERSONAGGIO NELLE SCENE E LA RELAZIONE COL PARTNER
“Quella di preparatore è la mia principale e più amata attività. Formatomi dall'età di quindici anni secondo l'insegnamento di Susan Batson (Actors Studio), ho, fin da adolescente, desiderato seguire le orme del mio maestro preparandomi alla carriera di acting coach. Mi occupo quindi del metodo Stanislavskij da più di vent'anni. Dal 2002 ad oggi ho proposto il mio sistema di lavoro in numerose città italiane e tre capitali europee, con workshop privati o corsi curriculari, seguendo centinaia di attori di ogni età e di qualsiasi tipo di formazione o percorso professionale.”
Qualsiasi atto creativo nell'arte dell’attore (la creazione di un personaggio, lo sviluppo di una scena, la creazione di un climax...) si fonda sull'interazione di tre energie fondamentali che producono quella che chiamiamo “azione drammatica”.
Le tre energie sono legate all'impulso vitale, al desiderio, alla relazione e alla copertura del conflitto e l'intuizione del meccanismo che le mette in moto, produce la capacità di un'autentica tridimensionalità, quindi verità, dell'atto performativo.
E' impossibile, però, per un attore intuire come si sviluppi il rapporto tra queste energie, senza una piena coscienza della struttura di base della scena e del suo sviluppo in un preciso climax che ne descriva l'arco emotivo. Il laboratorio si sviluppa in una serie di step che permettono di stratificare e raffinare sempre di più la propria percezione dell'emotività umana come bidimensionale e infine tridimensionale, entrando quindi nell'anticamera dalla quale si accede al lavoro più complesso, che è la vera e propria costruzione del personaggio, fino alla creazione di un credibile, autentico essere umano.
"Il mio sistema di lavoro si basa prevalentemente su di una rielaborazione personale del metodo del mio più importante maestro: Susan Batson, membro a vita dell’Actor Studio e trainer tra i più importanti al mondo (tra i suoi attori Nicole Kidman e Juliettte Binoche); con cui ho cominciato a lavorare all’età di quindici anni. Cuore dell'attivazione del processo che ci deve guidare nel lavoro è il Momento Privato del Personaggio. Esercizio reso famoso da Strasberg per metterci in contatto con l'intimità del carattere che dobbiamo affrontare, ma sperimentato dal maestro americano quasi sempre come esercizio collettivo, è stato recuperato da Susan Batson come esercizio individuale: vera e propria scena creata dall'attore per spingersi all'esposizione del bisogno e, nel suo caso, primo fondamentale tra i dieci step ch'è necessario attraversare per giungere al personaggio. Ogni docente ha naturalmente il suo proprio carisma e non vi è esercizio che possa risultare identico se affrontato con un preparatore piuttosto che con un altro. Io vedo il lavoro sull’Arco Emotivo del Personaggio come una sintesi potente dell'esperienza che l'attore può fare dei meccanismi psicologici del suo carattere. Esperienza psicofisica creata grazie a un'attenta analisi delle tre energie fondamentali che, interagendo, danno luogo ai suoi cicli psicologici ( Azione Esteriore, Difetto Tragico, Bisogno e di nuovo Azione Esteriore... ). Esperienza quindi che permette di avere un'intuizione profonda della natura emotiva di quell'essere umano che si vuole rappresentare e che l'attore può portarsi dietro in qualsiasi circostanza successiva, in qualsiasi scena, anche improvvisata, come un ricordo violentemente penetrato nella sua memoria, nel suo cuore, nel suo corpo. Dal mio punto di vista l'attore non ha bisogno, nel momento in cui è stato in grado di aprire il proprio strumento, di affrontare il personaggio mettendo in gioco la propria personale memoria emotiva. Se sarà stato in grado di creare le azioni proprie, specifiche del suo personaggio nel Momento Privato, la commozione che ne deriverà lo accompagnerà sempre, portando nella sua vita l'esperienza dei personaggi e non viceversa. Ecco cosa oggi avvicina maggiormente il mio lavoro sul "metodo" alla tradizione europea, piuttosto che a quella americana: il lavoro sulle azioni fisiche".
“Sebbene fondi il mio lavoro sugli step ideati e proposti dal mio più importante maestro, Susan Batson, ho avuto modo, negli anni, di creare un approccio al sistema molto più adatto alla sensibilità dell'attore europeo. L'obiettivo del mio percorso è quello di condurre l'attore a una comprensione profonda della psicologia del personaggio, di zavorrarlo alla sua intimità e alla comprensione di come si evolve di conseguenza il rapporto del suo carattere con il mondo esterno e nello specifico con gli altri personaggi presenti nel dramma”. Il lavoro sul personaggio è un obiettivo tecnico, ma anche un pretesto per individuare i blocchi residui presenti nell'attore e di superarli gradualmente attraverso esercizi che, nell'arco del workshop diventano sempre più specifici e personalizzati.
CHE COS'E' EUACT STUDIO
Lo studio prende il nome da un gruppo di lavoro ideato da Paolo Antonio dopo alcuni esperimenti in collaborazione con Lena Lessing, allo scopo di riunire un nucleo di attori provenienti dalla medesima scuola, ed espanderlo a colleghi con una comune sensibilità rispetto al lavoro, residenti nelle più importanti capitali europee.
L’obbiettivo è quello di creare un movimento internazionale di seminari, contatti e, alla fine, una vera e propria compagnia multilingue i cui spettacoli saranno prevalentemente interpretati in due o tre idiomi. Primo esperimento, nel gennaio 2011, è stato lo spettacolo “La confessione di Nikolaj Stavrogin”, interpretato da Paolo Antonio Simioni (Italia), Székely B.Miklós (Ungheria), con la consulenza artistica di Lena Lessing (Germania).